Sono tornata in quel luogo meraviglioso e pieno di contraddizioni che è il Senegal, dopo quasi quattro anni dalla prima volta.
Ho lavorato per i nostri progetti dall’Italia.
Sospiravo per la nostalgia ogni volta che qualcuno tornava felice, raccontando quello che stava accadendo lì giù.
È stato bellissimo ancora una volta.
Mettere piede, dopo tanto tempo, in una terra così diversa dalla propria e sentirsi a Casa.
Tutto quello che tre anni e mezzo fa era solo un’idea, un progetto scaturito da anni di chiacchiere e riunioni, da difficoltà, ha finalmente preso forma diventando una stupenda realtà.
Non parlo solo di Keur Marietou (anche se vederla mi ha tolto il fiato), parlo dei progetti che avanzano, delle persone che lottano e si organizzano per migliorare la loro condizione, delle ragazze che prendono consapevolezza e ragionano sul loro diritto a diventare donne libere ed emancipate; dei bambini delle materne che scrivono l’alfabeto e si correggono a vicenda quando sbagliano, del ragazzo gambiano che ci saluta, molti giorni prima della partenza, perché deve andare a studiare per preparare gli esami universitari…
Ancora una volta e ancora di più ho capito quanto abbia senso dedicare una parte della mia vita a questo progetto e quanto sia fondamentale l’aiuto di coloro che ci sostengono.
È un cammino lungo e pieno di ostacoli, ma ogni piccolo passo avanti ci fa sperare in un cambiamento di cui tutti abbiamo bisogno.